Tumore alla mammella: le donne in terapia con inibitori dell’aromatasi sono a maggior rischio di osteoporosi
E’ stato valutato l’impatto sulle ossa delle terapie con inibitori dell’aromatasi nelle donne con tumore alla mammella. E’ emerso che le donne che assumono questi farmaci presentano un più elevato rischio di osteoporosi e di fratture vertebrali.
Oltre 250.000 donne ogni anno vengono sottoposte a questa terapia adiuvante con farmaci inibitori delle aromatasi di terza generazione come Anastrozolo, Exemestane e Letrozolo con l’obiettivo di scongiurare il rischio di recidiva di tumore alla mammella.
Questa terapia trova indicazione nelle donne in postmenopausa in cui il carcinoma risulta ormono-sensibile; circa il 70% delle pazienti infatti è positiva ai recettori degli estrogeni ( ER+ ), e viene seguita per un periodo di 5 anni circa come stabilito dalle Lineeguida, mentre per un particolare sottogruppo il trattamento deve proseguire per 10 anni.
La terapia adiuvante con inibitori delle aromatasi è un pilastro fondamentale della terapia oncologica ma ha un pesante impatto sulla salute delle ossa.
Le donne che seguono questa terapia perdono circa il 6% di massa ossea ogni anno, contro circa il 3% di quelle sane in età post- menopausale.
La terapia con inibitori dell'aromatasi è associata a un aumentato turnover osseo dovuto a una profonda riduzione dei livelli circolanti di estrogeni che determina una up-regolazione del segnale di RANK ( Receptor Activator of Nuclear factor ) ligando nell'osso.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Bone, ha indagato la prevalenza di fratture vertebrali in queste pazienti prima e durante la terapia: le 263 donne italiane arruolate sono state sottoposte a DEXA ( assorbimetria raggi x a doppia energia ) per esaminare la densità minerale ossea, ma anche con la stessa metodica DEXA a morfometria vertebrale, esame che permette di valutare l'altezza delle singole vertebre e quindi identificare eventuali fratture vertebrali esistenti.
Inoltre sono stati raccolti campioni ematici per misurare i livelli ormonali e di calcio.
Il campione è stato diviso in due gruppi: uno di 94 soggetti trattato con inibitori dell’aromatasi e uno di 169 non-trattato.
La prevalenza di fratture vertebrali è stata del 31.2% nelle pazienti in terapia contro il 18.9% del gruppo non-trattato.
Gli effetti collaterali della terapia con inibitori dell’aromatasi sono stati gli stessi nelle donne con osteoporosi e in quelle con una normale massa ossea.
Inoltre, dallo studio è emerso che se il rischio delle fratture vertebrali ammonta a circa il 40%, nelle donne che hanno avuto un tumore il rischio di osteoporosi secondaria alla terapia risulta moltiplicato.
Secondo alcune ricerche circa il 45% delle pazienti non riceve alcun trattamento di prevenzione delle fratture e il 60% delle donne sane con meno di 50 anni non ha mai effettuato alcun esame per verificare lo stato di salute dello scheletro.
Sette Società scientifiche hanno elaborato un Joint position statement su Management of aromatase inhibitor-associated bone loss in postmenopausal women with hormone sensitive breast cancer.
Le Lineeguida sono state pubblicate su Journal of Bone Oncology.
Tra le raccomandazioni vi sono le seguenti:
a) importanza dell'attività fisica e dell'assunzione di Calcio e di Vitamina-D, e valutazione del rischio di fratture per le donne che iniziano un trattamento con inibitori dell’aromatasi;
b) prescrizione di una terapia specifica per le ossa per le donne che all'inizio della cura hanno un T score inferiore a -2, oppure inferiore a -1.5 con un fattore di rischio, o due o più fattori di rischio;
c) monitoraggio delle donne per tutto il primo anno in base alle condizioni delle ossa per le donne con T score superiore a -1.5 e nessun fattore di rischio;
d) sei somministrazioni mensili di Denosumab oppure trattamento una volta all’anno con Zoledronato per tutta la durata della terapia con inibitori dell’aromatasi nelle donne in menopausa, con l’obiettivo di preservare la densità ossea; la preferenza va data allo Zoledronato quando la priorità è la prevenzione delle recidive e al Denosumab quando la priorità è il rischio di fratture;
e) i bisfosfonati vanno raccomandati a tutte le donne a elevato rischio di recidive, dato l'effetto dimostrato su queste ultime e sul rischio di mortalità;
f) la compliance va controllata con esami regolari, ogni 12-24 mesi di trattamento. ( Xagena Medicina )
Fonte: Bone & Journal of Bone Oncology, 2017
Xagena_Salute_2017
Per approfondire: OncoGinecologia.net http://www.oncoginecologia.net/